Amici animali
Cicogne
sacre nel nido
di
Michela Pezzani
La
fedeltà dei volatili che restano uniti per tutta la vita e allevano
insieme i piccoli.
La
simbologia dei “ciconiidi” insegna “rispetto per i genitori”.
In
cima ad un tetto di una fattoria in Germania c’è un nido di
cicogne. Sono uccelli sacri, messaggere di buona fortuna, della
primavera, tenerezza, affetto, prudenza, castità, prudenza. In
ebraico “pietà”.
Il
contadino ne è molto fiero. Alcuni anni fa aveva messo una vecchia
ruota di carro proprio sulla cima sperando che una coppia di cicogne
vi costruisse il nido … ma le cicogne orami sono molto rare in
Europa e anche altrove. Per molto tempo il contadino aveva atteso
invano. Poi un giorno di primavera, mentre tutti gli uccelli
tornavano dalle loro migrazioni invernali, giunsero due cicogne in
cerca di un posto adatto per fare il nido: un tetto, un campanile o
un caminetto in riva a un lago. A un tratto notarono quella ruota di
carro. Era proprio quel che ci voleva”. Non è una favola, ma una
storia vera che la scrittrice Iliane Roels ha raccontato in un
libricino da lei anche illustrato edito da Antonio Vallardi per la
serie Animali in Famiglia. Il fascino di questo piccolo testo adatto
sia agli adulti che ai bambini è un libro pedagogico e istruttivo
che mette in relazione i segreti di Madre Natura con il
comportamento umano attraverso l’identikit di un pennuto, o meglio
di una coppia di pennuti simbolo di fedeltà eterna, dato che per
amore restano insieme tutta la vita e si dividono equamente il
compito di covare le uova e di crescere il piccolino “gambe lunghe
e becco lungo” uscito dal guscio. Nelle vicinanze di quel tetto sul
quale il contadino tedesco avevo posizionato la ruota di carro scelta
dai “pennuti sposi” c’erano acquitrini dove le cicogne hanno
trovato ranocchi a volontà di cui cibarsi perché proprio i ranocchi
e affini sono la pappa preferita della elegante specie che in breve
tempo ha trasportato ramoscelli e piume oltre a tralci di rampicanti,
brandelli di stoffa ed erba che la cicogna femmina ha poi iniziato ad
intrecciare tutti insieme. Sospettosi. i due animali hanno fatto la
guardia affinché nessuno rubasse quel prezioso materiale e in otto
giorni il nido era pronto: grande, solido e tondo, capace di
resistere al vento e al maltempo. Alla fine di aprile la cicogna
femmina vi ha deposto un uovo candido e dopo quattro giorni un
secondo ed infine un terzo, grossi quanto uova d’oca e con il
guscio leggermente lucido. Mentre la femmina covava le uova il
maschio si è preso cura di lei, le ha portato a mangiare rane, topi
e serpentelli e sempre con grande gentilezza tendendo con la punta
del becco le prelibatezze alla moglie ogni volta che tornava al nido
a che la femmina si alzava e si riposava in quella posizione. La
sera, dopo un arruffarsi di penne, le due cicogne si sono
accovacciate insieme sulle uova e a distanza di un mese esse si sono
schiuse e ne sono usciti tre cicognini. Che in breve tempo sono
diventati tre batuffoli di lanugine bianca e con le zampe rosee. Il
papà cicogna ha quindi provveduto ad infilare nuovi ramoscelli nel
nido affinché i piccoli non cadessero fuori ed i neonati avevano
sempre fame chiedendo lombrichi, coleotteri e piccoli insetti. Fin
dai primi giorni di vita, oltretutto, la caratteristica che li
contraddistingue nell’alimentazione è che i figlioli non vengono
nutriti come gli altri uccellini dato che i genitori masticano il
cibo per loro, lo gettano nel nido e loro lo devono raccogliere e
inghiottire da soli e in tutto essi hanno bisogno, in capo a tre
settimane, di mangiare circa mezzo chilo di pranzo a testa. Anche
all’acqua fresca provvedono mamma e papà cicogna portandola al
nido tenendola nel gozzo, e quando fa molto caldo spruzzano
addirittura i cicognini e a volte allargano le ali su di loro per far
ombra o per proteggerli dalla pioggia. I cicognini crescono e si
irrobustiscono ed il nido diviene sempre più stretto. I loro becchi
iniziano già a schioccare e d in poco tempo i piccoli di cicogna
imparano a parlare come i loro genitori, forte o piano, a volte
lentamente altre volte in fretta, con allegria o con tristezza. Poi
viene il giorno in cui le difficoltà iniziano a farsi serie e gli
spilungoni devono imparare a volare. Stanno ritti sul bordo del nido
agitando le ali ed i genitori mostrano come si fa, ma il tutto non è
facile come sembra. Dapprima i cicognini riescono ad arrivare solo al
colmo del tetto e poi la volta seguente fino al granaio, ma ogni
giorno migliorano finché arriva il grande evento, quando seguono i
genitori a caccia di rane negli stagni. Verso la fine di luglio,
infine, arriva il momento del grane viaggio e prima della partenza
tutte le cicogne della zona si radunano in un certo prato, finché si
levano in aria, per un po’ volteggiano in cerchio sopra i campi che
li hanno ospitati e poi puntano in una direzione e spariscono in
lontananza. La loro meta è l’Africa e lo stormo di quei
trampolieri bianchi si fa sempre più numeroso, con i più giovani
che volano in testa. Il volo è lungo e difficile: ci sono molti
pericoli e attraverso lo stretto di Gibilterra e il deserto del
Sahara, le cicogne volano alte sopra le foreste del Congo fino al
sud del continente africano, mentre un’altra parte dello stormo ha
seguito la rotta orientale, sopra i Balcani, il Bosforo, fino
all’Asia Minore.
Quanto
abbiamo da imparare dalla Natura! E come diceva il maestro Alberto
Manzi con il quale quando eravamo piccoli molti di noi hanno a
leggere e scrivere “Non è mai troppo tardi”.
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