Ora sai chi è Godot

   ###Sipario e pentagramma


Ora sai chi è Godot 
di Michela Pezzani


Il viaggio

Se ne è andato un grande. Ci ha lasciato l’attore, regista, costumista, scenografo, pittore, scultore Gherardo Coltri della veterana compagnia La Formica da lui fondata molti decenni fa.




La sua dipartita è un vuoto enorme non solo nel mondo del teatro veronese ma anche in chi oltre le mura della nostra città lo ha seguito e apprezzato in tante trasferte e importanti premi ricevuti. A 83 anni che non si sarebbero mai detti, una malattia improvvisa lo ha bloccato a gennaio mentre stava preparando, da infaticabile creativo quale era, la commedia «Generali a merenda» di Boris Vian, quasi pronta per il debutto, ma l’improvvisa morte di suo figlio ad appena 59 anni per infarto, ha annientato le difese di Coltri, sia fisiche che d’animo, accelerando il suo problema che venerdì pomeriggio ha portato via anche lui.

È un privilegio parlare del maestro Gherardo Coltri per chi non solo lo ha seguito ma ha colto dalle sue opere la poesia, contenuto raro al giorno d’oggi, e la commozione che egli stesso infondeva a ciò che ideava e allestiva, da Pirandello a Garcia Lorca e Ionesco, per citare alcuni suoi capisaldi, è un dono che diventa narrazione nella narrazione, teatro nel teatro, fino alle radici di quell’albero scarno proteso verso il cielo dell’ indimenticabile «Aspettando Godot» di Samuel Beckett, alter ego di un artista puro quale Coltri, sia fosse vestito da straccione sulle strade del mistero dell’esistenza come Vladimir e Estragon, che a cavallo della gobba nella commedia brillante «Mai stata sul cammello?» di Aldo Nicolaj.
Straordinario a recitare le parti di donne, sia comiche che drammatiche, il cavaliere  d’altri tempi Coltri, uomo fine e dai modi eleganti, amante della natura, della musica, dell’arte, fintamente burbero e sorprendentemente ironico, ha fatto dell’eclettismo una inimitabile opportunità espressiva condensata in una antologia di spettacoli che lo hanno reso unico nel suo genere. Richiesto da altre compagnie (Modus, Einaudi Galilei, TrixTragos), a collaborare dopo che ha chiuso la sua.
Oltre al toccante «Le ultime lune» di Furio Bordon, sul delicato tema della vecchiaia e delle case di riposo, c’è poi una recita esilarante che lo ha visto bravo e dinamico a settantotto giri come un ragazzino, pur avendo già passato gli ottanta, e si tratta di «Rumori fuori scena» di Michael Frayn, in cui la sua parte di filodrammatico eccentrico facente parte di una altrettanto bizzarra filodrammatica scalcagnata, gli ha valso allori tra cui il premio come miglior attore caratterista al Festival di Macerata nel 2022.
E di carattere Gherardo Coltri ne aveva davvero tanto, sia nel teatro che nella vita accanto all’amata moglie Anna che nonostante fosse costretta alla sedia a rotelle, era con lui sempre, accudita e in prima fila sotto il palco delle varie piazze di recita, tra cui il chiostro di Santa Maria in Organo che, per l’immancabile presenza della Formica nella storia amatoriale di Verona per la rassegna Teatro nei cortili, potrebbe essere intitolato anche a lui.
I funerali sono stati fissati per martedì 16 aprile alle 16 al Monastero del bene comune, a Sezano, Sarà una cerimonia mista laico religiosa, presieduta da don Marco Campedelli. Chiunque, liberamente, può scrivere o portare un piccolo pezzo di testimonianza da condividere con tutti, recitato, letto, cantato, come si preferisce.




L’addio

Come in uno di quei film che tanto amava in cui l’ultimo saluto a chi lascia la terra è un convivio, l’attore e regista Gherardo Coltri, 83 anni, leader della storica compagnia La Formica, è stato accolto, nella bara bianca portata a spalla dagli amici stretti, nel giardino del Monastero del Bene Comune. a Sezano dove una platea commossa di gente del teatro veronese si è riunita per salutare il maestro che col suo inconfondibile tocco creativo ha fatto del valore del teatro amatoriale un caposaldo e non solo a Verona.
Il sacerdote don Marco Campedelli ha celebrato, nel bel luogo degli Stimmatini, la cerimonia laica mista in cui è stata cosparsa sulla salma l’acqua di benedizione, mosso nell’aria il profumo di incenso e recitato tutti insieme il Padre Nostro: inoltre ogni persona che lo ha desiderato farlo si è espressa con un pensiero, un ricordo, un aneddoto, una canzone (nello specifico inedita dal titolo Didi e Gogo) ispirata ad uno dei cavalli di battaglia di Coltri ossia “Aspettando Godot, di Samuel Beckett. 
Un altro momento toccante del pomeriggio, allietato dal tocco di una campana ogni mezz’ora e dal canto di un uccellino che ha accompagnato tutto il “garden party” (come lo avrebbe chiamato Coltri con la sua ben nota ironia), è stato quando una ventina di attori di vari gruppi veronesi ha pescato in un vaso un foglietto per ciascuno con su scritta una frase celebre tratta dagli innumerevoli titoli
messi in scenda da Coltri nella vita(tra cui Il giardino dei ciliegi, di Anton Čechov) e poi letti, una frase per ogni voce narrante, tutti riuniti intorno al feretro poi cosparso, a pioggia leggera dagli stessi recitanti, di petali di fiori.
Chi ha partecipato a questo toccante commiato ha dunque potuto davvero sentire sincero e tangibile l’affetto e la stima per un uomo saggio, buono e di talento, minuto ma forte come un leone, che ha insegnato molto a tutti a Verona, con umiltà, senza troppe parole. Gli bastava poco per farsi capire ed è infusa in chi resta la sua passione per il bello, l’arte, la musica, da Bach a “Quando gli asini che volano nel ciel” di Stanlio e Olio, il teatro in primis ma realtà completa che ingloba tutte le discipline. Ad un certo 
momento poi della cerimonia non si è potuto fare a meno di tendere l’orecchio all’aereo che ha attraversato il cielo sopra gli astanti e anche questo segno ha avuto il suo significato sia per chi crede che per chi no. 



di Michela Pezzani
Da Quotidiano L’Arena di Verona
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