Voce ai Diritti
Istinto di vita e istinto di morte
Di
Marica Malagutti
Ecco
cosa può capitare a una persona che è stato descritta piena di vita
con la passione per le moto e per la musica.
Dopo
un incidente
in pista,
durante una gara, Fabiano
Antoniani era
ancora pieno di vita e si è dedicato alla musica, ma è solo in
seguito all'incidente che lo ha reso cieco
e tetraplegico che
cambia tutto.
Non
si può muovere e non può vedere, completamente dipendente dagli
altri.
Come
si può pensare che l’istinto
di vita inteso
in modo freudiano, come ricerca del piacere possa prevalere su
thanatos
istinto di morte, come
ritorno allo stato inorganico di non vita? In questi casi come in
molti altri dove vi è la coscienza, ma la completa dipendenza degli
altri o da macchine,si può pensare e forse condividere che il
desiderio di un ritorno allo stato di non vita non possa prevalere?
Se
si è fatto tutto il possibile per migliorare le condizioni vitali e
non è stato possibile cambiare nulla e la persona volontariamente
decide che quello che sta vivendo non è più degno di chiamarsi
vita, forse non è naturale desiderare di smettere di soffrire? Anche
gli animali quando si ammalano gravemente si isolano per morire ed è
un istinto
naturale.
Ma
ecco un altro caso.
Una donna che a causa di una poliomielite, legata ad un polmone
artificiale da
59 anni, ha detto “grazie
per ogni respiro“,
Giovanna
Romanato,
immobile fisicamente legata giorno e notte ad una macchina per
respirare è piena di vita, legge guarda tv e riceve amici, telefona.
Nel pieno della sua infanzia è stata bloccata in tutto, non potendo
correre, giocare andare a scuola, ma la voglia di vivere non è mai
scomparsa.
Fabiano
e Giovanna due persone immobili e coscienti,
ma con storie completamente diverse e scelte opposte. È
giusta la scelta di Fabiano o quella di Giovanna? È giusto l’istinto
di vita o di morte? In
questo caso non si può parlare di giustizia, ma su due
scelte umane e naturali che
occorre rispettare e sostenere in entrambi i casi. Per questo diventa
importante definire una legislazione adeguata alle diverse
situazioni.
Ancora
vi sono casi come quello di Rosalba
Giusti che,
dopo 4 anni di coma, una notte si sveglia e chiama per nome
l’infermiera. Se per caso, prima di entrare in coma avesse avuto la
possibilità di scegliere di staccare le macchine, si sarebbe forse
mai risvegliata.
Ora
l’Italia si trova a decidere su una legislazione che regolamenti la
morte.
Non è una cosa semplice. Alla Camera si discute sulla volontà di
cure mediche per una persona cosciente che immagina di non esserlo
più e di non poter più scegliere, quindi con possibilità di
distacco di macchine dal proprio corpo. Questo può essere chiamato
anche eutanasia passiva. In questo caso tuttavia, diventa importante
la volontà delle persone care e i familiari che possono desiderare
il risveglio della persona che amano anche dopo anni. Tali sentimenti
vanno rispettati, tanto amore va protetto e la legge di questo deve
tenerne conto.
Il
suicidio
assistito, come
quello che avviene in Svizzera nella casetta azzurra vista ormai in
tutti i Tg, presuppone la possibilità per un paziente, in seguito ad
un colloquio, all’analisi clinica e ad un prescrizione medica, di
porre fine alla propria vita solitamente attraverso un farmaco. In
questo caso la persona che fa questo tipo di scelta ha discusso con i
propri cari sulla sua decisione ed è aiutato e sostenuto come nel
caso di
Dj
Fabo.
Vivere
o morire non è giusto o sbagliato. Difficile e fondamentale è
capire se la scelta del paziente
è
consapevole e se il tipo di legame con le persone vicine sia adeguato
nel momento in cui un parente possa prendere una decisione al posto
dello stesso paziente.
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