Le due lettere

###Libroaperto


Le due lettere
un racconto di Michela Pezzani





"Un sogno non interpretato è come una lettera non letta".

Talmud, I-V sec.


C'est pour toi.

Ai miei cari.



La musica c'entra. Questa storia  vera fa vibrare le corde tese sulle quali scorre l'archetto con i crini di cavallo cosparsi  a più strati di pece e inizia quando i termosifoni delle case sono accesi, ma non è un racconto che ha a che fare soltanto con  il periodo della prima quindicina dicembrina, di quasi Natale  o Natale bensì  attraversa tutte le stagioni  di Vivaldi che son  quelle della vita. 

La Primavera. Nel concerto in mi maggiore per violino, archi e cembalo, la musica composta dal prete rosso descrive  il canto degli uccelli, il temporale, il violino solista che culla i sogni del   pastore addormentato, il latrato del fedele cane affidato alla  viola e le foglie fruscianti mosse dal vento dei violini.

L'Estate. Nel concerto in sol minore per violino,archi e cembalo la tempesta che si avvicina e poi scoppia in tutta la sua forza nella calura estiva e spaventa il pastore.

L'Autunno. Nel concerto in fa maggiore per violino archi e cembalo  Bacco ha il capo cinto di grappoli e trionfa, il ribollire dei tini espande effluvi, l'ubriacatura di vino pronto a rallegra le genti alle feste campestri e la preparazione alla caccia del mattino dopo.

L'Inverno. Nel  concerto in mi maggiore per violino ed archi il mondo è una chiesa nella quale si suona in sordina  per non disturbare, così come voleva il maestro veneziano.

La donna con gli occhiali qui presente insieme al suo fido amico a quattro zampe, la mattina del tredicesimo giorno del dodicesimo mese dell'anno   non aveva trovato niente, nessun dono al risveglio  lasciato  da Colei con la lettera L maiuscola  che porterebbe i doni a chi fa il bravo o la brava. Sullo scendiletto color verde speranza fatto di stracci intrecciati al telaio, c'era solo la cacca del piccolo cane guida che durante la notte lei aveva sentito scendere dal letto evidentemente per una urgenza che però non era stata risolta sull'apposito tappetino delle emergenze. Ci aveva messo oltretutto un piede su ma non si era arrabbiata, solo emesso un brontolio di disappunto nonostante si dica che quel tipo di incidente porti gran fortuna. D'altra parte le cose non potevano andare diversamente ... a ben riflettere. La donna con gli occhiali, nonostante fosse da bambina innamorata di tutto ciò che è corrispondenza, a Santa Lucia non aveva scritto la letterina  la sera prima e non sapeva neanche lei perché. Come dire... non aveva affatto perso la speranza riguardo la vita così pesante da gestire in tutte le sue incongruenze, giammai, ma non lo aveva fatto e basta, senza un motivo preciso, forse perché la giornata era stata più ostica del solito o perché si sentiva un po' stanca. Insomma ... non lo aveva fatto  e basta, a differenza invece degli anni precedenti quando diligentemente sistemava sul davanzale della finestra affacciata sul bel paesaggio urbano, come da tradizione, la piccola busta bianca, o azzurrina, o avorio, o rosa, o verde pallido con scritti dentro, su relativi fogli in tinta, i desideri grandi e piccoli, non cose materiali dato che non era più una bambina da giocattoli sebbene  nel cuore sì.  Aspirava, piuttosto, a cambiamenti, non più violenza, non più orrore, non più bruttezza, brutture e brutalità, non più arroganza, non più disamore, non più stupidità, non più intolleranza, non più disuguaglianza, non più sofferenza, non più malattia, non più abbandono, torture, infanzia offesa, abbandonata e maltrattata, non più pestilenze, non più morte, non più distruzione, non più ....

La donna con gli occhiali già ne aveva fatte tante di mutazioni nella vita da quando era giunta nella città dove Santa Lucia è attesa con trepidazione il 13 dicembre quando  nessuno si deve azzardare ad andare a letto tardi per cercare di sbirciare il suo arrivo in volo a cavallo dell'inseparabile   asinello. La leggenda popolare narra per l'appunto che chi trasgredisce la regola del non coricarsi di buon ora la sera del 12 dicembre per spiare  la venuta della santa, rischia grosso e per grosso si intende la cecità, perché Santa Lucia, paradossalmente  protettrice degli occhi, incenerisce quelli degli sfacciati  curiosi.

Curiosa, comunque, lo era la donna con gli occhiali che  la vigilia del 13 dicembre si era addormentata sul divano guardando un programma di politica alla televisione: lo era sempre stata fin da piccola, di indole, naso di segugio  però  di quella curiosità  non morbosa e fine a se stessa ma  che spinge alla conoscenza,  frutto del sacro detto tramandatole in famiglia che recita "ogni giorno c'è sempre da imparare" il che corrisponde pure alla frase di un suo grande mito, appassionata di teatro come era, Eduardo, il quale ha  lasciato scritto nella memoria collettiva la storica frase, anche titolo di una sua meravigliosa commedia"Gli esami non finiscono mai".

Era prevista neve quella mattina del 13 dicembre dell'anno bisestile fustigato dalla pandemia che costringeva  il mondo al distanziamento interpersonale, all'uso della mascherina e al lavaggio frequente delle mani, solo per citare le prime tre regole indispensabile ad un corretto comportamento salutare a cui ne seguiva una caterva  tale da rilegare una enciclopedia di norme tra cui il non assembrarsi, non  potersi toccare tra persone e abbracciare, secondo le disposizioni governative per far diminuire la curva del contagi  e mettete la parola fine alla sconfinata lista dei morti. La donna con gli occhiali che in conseguenza del morbo non vedeva i suoi cari dal 25 dicembre precedente, quel mattino di piena pandemia non trovò dunque nessun dono di Santa Lucia ma solo la popò del cane. In quanto a fiocchi bianchi  di neve già qualcosa era sceso in città il giorno prima, dapprima sporadiche robine ghiacciate  e poi batuffoli fitti che nel giro di poco si era sciolti lasciando bagnato il paesaggio,  al contrario di quello in collina invece tutto imbiancato.

La donna con gli occhiali guardó fuori da una delle tre finestre  panoramiche affacciate sulla città antica. Il trovare quella casa non era stato solo un colpo di fortuna, ma la ricompensa al credere nell'invisibile che si manifesta quando meno te lo aspetti come il fiore su una pianta grassa. Vi aveva traslocato quasi un decennio prima lasciando la precedente, anch'essa d'epoca, suggestiva, ispiratrice, piccola e buia. I cento metri quadrati di casa, la nuova  in affitto,  non erano pochi in cui vivere da sola col proprio cane ma la donna con gli occhiali ne sfruttava ogni palmo viaggiando di stanza in stanza in quella che non ci si può limitare a chiamare abitazione ma un mondo, e oltretutto un  tempo affacciata sull'acqua, come Venezia,  dato che prima che le interrassero, le vie del rione erano canali.

La donna con gli occhiali vide dalla finestra della cucina passare giù una coppia con l'ombrello bianco aperto, poi un uomo che avanzava claudicante a capo scoperto: quindi si perse con l'immaginazione nella visione del paesaggio come se fosse ancora solcato dalle barche. 

Eccola" pensò la donna  con gli occhiali supponendo ironicamente che la tipa in monopattino vestita di bianco che sfrecciava di sotto fosse Santa Lucia diretta in ritardo verso casa sua ... ma non era così. La giovane sul veicolo elettrico parcheggiò di colpo di fianco alla fontana e abbandonò il veicolo proprio nel mezzo del passaggio pedonale. Era una vergogna: un'abitudune incivile diffusa ormai senza limiti.

La donna con gli occhiali sbuffò alla giungla dei comportamenti umani irrispettosi. La città era invasa dai moderni veicoli, ecologici nel loro concetto di pubblica utilità che però dalla gente che li usava erano abbandonati senza criterio ovunque. Uno dei desideri della donna  con gli occhiali era che non solo quell'invasione fosse regolamentata  ma innanzitutto  che le persone imparassero l'educazione e  il rispetto del prossimo, dato che tutti quei " bolidi" selvaggi, sia nea circolazione che nell'essere  parcheggiati a vanvera, non rappresentassero  più un ostacolo subdolo per la cittadinanza, in primis per i disabili contro i quali andare a sbattere camminando, specie al buio, era un incubo, reale  minaccia  per chi  cl ci vede meno o per niente rispetto a chi chi ci vede bene.

La donna con gli occhiali si sentiva oltretutto malmostosa  in quei giorni per una certa storia di ignoranza che le era giunta all'orecchio e che aveva approfondito non solo per mestiere e voluto poi affidare alla carta traducendola in racconto dal titolo "Innocente" e inizia così...

"Sebbene fosse sfolgorante, che più illuminato di così non si poteva, era all'oscuro. L'albero di Natale alto e snello che se si volesse   dare un nome di battesimo all'abete acquistato con tanto di radici nel grande vivaio si chiamerebbe Innocente, svettava in tutta la sua bellezza, ma ahi noi installato  nell'area della piazza destinata al parcheggio delle  persone disabili. Dapprima ignaro o quasi di quanto stava accadendo nella fase di montaggio ad opera di una squadra di addetti  in tuta impermeabile flou, una volta che fu collegata la spina alla corrente urbana per mostrarlo a tutti i passanti, Innocente provò anziché calore un  brivido di imbarazzo lungo tutto il tronco e i rami,  non tanto perché ora si stava mostrando  ma per aver fatto suo  malgrado mente locale rammentato di colpo di avere, in effetti,  intravisto con la coda dell'occhio, mentre ancora lo trasportavano orizzontale e  nudo, il segnale della sedia a rotelle  dipinta sull'asfalto proprio dove ora si trovava il vasone  di cemento che  lo conteneva.

"Ma è mai possibe che non ci fosse altro posto dove metterlo 'sto albero? Hanno le fette di  prosciutto sugli occhi?".

Innocente si era davvero vergognato quando sentì dalla viva voce di un signore  fermo sotto le sue fronde argentee pronunciare quelle parole scambiate con la signora al suo fianco seduta in carrozzina. Sì, la protesta  riguardava  ciò che l'uomo definì "una grave mancanza di rispetto“. Innocente, albero intruso senza colpa, si sentì male così come quando lo avevano estratto dal bosco con destinazione prima vivaio e poi centro città e non poteva immaginare, stordito come era dalle critiche circostanze, che il cittadino indignato   sarebbe andato a casa  con la consorte poco dopo lo sfogo, a scrivere una mail destinataal quotidiano locale, segnalazione che fu letta dalla segreteria poco dopo il ricevimento  e passata in seguito  al direttore il quale volle fosse subito pubblicata in modo che il giorno seguente  tutti la leggessero a partire dal sindaco. Così diceva la missiva elettronica:

“Spettabile redazione, sono un cittadino di questa nostra bella ma assai strana città, sgomento di fronte a ciò che ho visto oggi  quando mi sono recato in centro storico e  ho trovato la vera sorpresa di Natale, un albero addobbato nel bel mezzo del parcheggio dei disabili. L’albero di Natale “incriminato” si trova in una piazza dedicata al parcheggio davanti  ad un cancello di ingresso dell'ospedale e  ora mi domando se in tutta la piazza non c’era altro posto dove posizionarlo? Doveva essere messo proprio sul parcheggio disabili accanto ad un cancello di necessario passaggio? Io non so chi abbia avuto la brillante idea di mettere in quel luogo l’albero di Natale, se lo abbia posizionato il Comune o altri, fatto sta che a livello personale la cosa mi ha dato parecchio fastidio. E’ anche vero che la piazza dove parcheggiare è grande e che in questo periodo dell’anno non c’è certo il pienone di autovetture,  infatti ho potuto parcheggiare tranquillamente altrove,  ma il problema resta. Un disabile con tutte le difficoltà del caso deve essere accompagnato lungo un percorso più lungo creando disagio e difficoltà, inoltre pensate che le aree per disabili hanno per legge uno spazio dedicato alla manovra per una sedia a rotelle, spazio che non hai quando parcheggi in un normale posto per tutti. Basta un’auto accanto alla mia e far salire il disabile su una carrozzina diventa impresa ardua quindi, sei costretto a lasciare la persona disabile sulla carrozzina in mezzo alla strada, spostare dal parcheggio l’auto, scendere dal mezzo per fare tutte quelle operazioni necessarie ed una volta terminate ripartire. Dal momento che questo albero di Natale è posizionato in un parcheggio per disabili vicino ad una struttura ospedaliera dedicata in prinipal modo alla disabilità, gradirei da chi ha scento proprio quel posto un poco di rispetto. Essere disabili o avere persone disabili non è certo una scelta: abbiamo lottato e continuiamo a lottare tutti i giorni per dei diritti basilari, non ce li togliete, le nostre difficoltà anche se pur piccole non sono mai come quelle delle persone normodotate”.

Solo l'ascolto di tutti e quattro i Movimenti della "Nona" Sinfonia di Ludwig van Beethove che si conclude con l'inno alla gioia voce della speranza dopo tanto pathos riuscì a far battere regalmente il cuore all'eloquente cittadino che nella musica classica, condivisa con la compagna della sua vita, trovava sempre le risposte dalla cieca umanità taciute.

Lo sconsolato albero di Natale Innocente,  il quale avrebbe voluto fulminarsi per l'angoscia e invece, nel mentre dei fatti enunciati che su in Internet fecero il giro del mondo in un battibaleno, non subì manco uno sbalzo  della  corrente che lo illuminava mentre,  al contrario,  avrebbe voluto nascondersi, non seppe mai  comunque di quella lettera di protesta del saggio cittadino e anche se avrebbe voluto essere altrove fu costretto a rimanere  invece al suo scomodo posto fino a dopo l'Epifania. 

La donna  con gli occhiali pensò allora che non è mai troppo tardi per fare  bene le cose e anche se avrebbe dovuto scriverla prima della mezzanotte del 13 dicembre la letterina  a Santa Lucia,  l'avrebbe messa sul davanzale ora a giornata iniziata già da mo', anche se fuori tempo massimo, nel giorno stesso della festa, poiché sentiva in cuor suo che doveva fare così. 

La donna  con gli occhiali, dopo aver dato la pappa al cagnolino che la volle accanto a se mentre la mangiava, presa allora carta e penna nonostante facesse fatica a scrivere a mano pur avendo una bella calligrafia fiorita,  e seduta al tavolo della  cucina col suo chihuahua in braccio accovacciatoa ciambella sulle ginocchia,    inizió a mettere pensieri e parole nero su bianco con una certa sicurezza nonostante la confusione visiva.  Nel pensare alla venerata immaginó la sua interlocutrice così come la raffiguravano le immaginette sacre: una bella donna con un piatto in mano e posati sopra gli occhi. Alla donna con gli occhiali  aveva fatto sempre una certa impressione in passato quell'iconografia della protettrice della vista e ancora  provava un fremito rispetto alla beata di cui aveva scoperto la vera storia, o meglio due, parallele l'una l'altra, narrate su un vecchio libro scovato su una bancarella del mercatino dell'usato. La tradizione  orale del popolo dice che Lucia aveva fatto  innamorare un ragazzo abbagliato dalla sua avvenenza. Il giovane, tanto erano belli gli occhi di Lucia, glieli avrebbe chiesti in dono e lei  glieli regaló ma nonostante fosse rimasta circa per miracolo recuperó la vista e un nuovo paio di occhi. Crudele fu però  il destino che  volle che lui, lo stesso giovane, glieli chiedesse di nuovo, cosa che stavolta Lucia rifiutó. Egli allora la  uccise con una  coltellata al cuore. La signora con gli occhiali aveva provato orrore leggendo quell'odissea che si poteva davvero definire un femminicidio d'altri tempi e nel vecchio libro,  dopo leggenda popolare  non esito a documentarsi sulla la versione cattolica della storia della santa,  una ragazza di  buona famiglia che nel IV secolo dopo Cristo, al tempo delle  persecuzioni viveva in Sicilia, a Siracusa. La fanciulla era promessa sposa ad un giovanotto, quando la madre di lei si ammaló  e nel chiedere un aiuto divino a Sant'Agata, la suddetta santa le annunció che la  mamma sarebbe guarita se Lucia avesse rotto il fidanzamento così come fece pur di salvare la genitrice. Non fu però tollerato l'affronto da parte del  ragazzo che denunciò la cristiana Lucia facendola condannare a morte. 

"Cara Santa Lucia scusa il ritardo..." così iniziava la lettera della donna con  gli occhiali ... ma più non ci è dato sapere del contenuto della missiva a beneficio collettivo. Di certo però ci perviene da lei personalmente che la donna con gli occhiali, busta pronta senza francobollo alla sua sinistra, finito di scrivere e prima di apporre la firma,  aveva letto  adagio a voce soffusa i versi liberi della  poesia "Messaggio"  da lei composta con la quale si accomiatava da Lucia e che  dice così: 

"Ho affidato alle onde  lontane a me vicine 

un messaggio nella bottiglia 

perché abbiamo  bisogno di umanità e giustizia,  civiltà e gentilezza. 

Il vetro trasparente sigillato col tappo di sughero 

è rimasto a lungo in mare aperto 

ma  in un giorno d'inverno  camminando in sogno sulla spiaggia deserta 

l'ho ritrovata  ai miei piedi 

sigillata col  tappo di sughero 

con cui l'avevo chiusa.

Grazie vita per la risposta alla domanda 

che non dirò a nessuno, senza parole 

disegnando  su un foglietto a quadretti strappato da un quaderno 

solo un albero d'inverno, 

l'albero che rifiorisce a marzo nel parco spelacchiato della poco verde città 

e già forse prima ancora metterà  le gemme".


Nota biografica

Michela Pezzani è nata  a Ferrara il 18 gennaio 1959.   Laureata in Materie Letterarie nella città estense vive a Verona dove lavora. Dal 1993 giornalista al quotidiano L’Arena nelle pagine di Cultura, Spettacoli, Cronaca, Volontariato e web. Scrittrice e  autrice di romanzi, racconti, poesie e testi per il teatro di narrazione, è ipovedente  e utilizza    ausili ottici nella professione e nella  gestione della vita quotidiana. Tra le sue interviste esclusive quella a Isabel García Lorca sorella del grande poeta spagnolo Federico, realizzata a Madrid e pubblicata da La Stampa di Torino.

Contatti: michela.pezzani@tin.it

L'edizione cartacea di  "Le due lettere" è di Mediterraneo Edizioni.

Ogni riferimento a persone e fatti non è causale trattandosi di una storia vera ispirata a notizie di cronaca interpretate in forma di racconto dall'autrice.

La riproduzione di questo testo è severamente vietata.

Il video: "Luce nel vento" di Michela Pezzani.

Musica da ascoltare per questo racconto: Federico Mompou, "Variations sur un thème de Chopin" eseguite dal compositore e pianista spagnolo (https://youtu.be/rThRRa9gayc)




Commenti

Post popolari in questo blog