La Forza della Mente

Terrorismo islamico: la radice del terrore che genera immobilismo

di Marica Malagutti


l 22 maggio, a Manchester, alla fine del concerto di Ariana Grande, evento atteso soprattutto dai giovani, si sono contati 22 morti e 59 feriti.

Dalla cronaca emerge che l’ordigno sia esploso alle 22,30 (23,30 in Italia) proprio alla fine dello spettacolo, quando forse l’attenzione della sicurezza cominciava già a scemare.

In questa tragica occasione colpisce la giovane età delle vittime e come spesso accade in questo periodo storico, il fatto che gli attentati siano organizzati in luoghi affollati, come piazze, arene, in posti di transito come gli aeroporti, ma anche nei centri di affari internazionali come le Torri Gemelle.

Quando le persone si rilassano o devono muoversi, vale a dire, in quei momenti in cui l’attenzione è direzionata al momento contingente, l’attentatore può agire più facilmente.

È proprio l’imprevedibilità la forza di questa guerra dalla quale è difficile difendersi, perché è quasi impossibile ipotizzare un tempo e un luogo. Siamo di fronte quindi alla radice del terrore che crea una sottile e profonda immobilità, provocata da un potere ancora non ben conosciuto, che da una parte induce persone a suicidarsi per realizzare l’attentato e dall’altra uccide e ferisce in mezzo alle folle per creare terrore ed avere di conseguenza sempre più potere.

Purtroppo morti senza giustificazione umana sono presenti da sempre in troppi luoghi della nostra Madre Terra.

Ma partendo dall’ultimo attentato di Manchester, a livello psicologico, è importante porsi due domande.

Che caratteristiche ha il terrorista e che cosa succede a livello emotivo alle persone sopravvissute e in generale ad ognuno di noi in seguito alle notizie degli attentati.

Gli studiosi di terrorismo sia degli USA che dell’Unione Europea cercano di affinare tecniche per individuare i terroristi prima che loro agiscano. In ogni caso è indubbio che chi realizza un attentato riesca ad aggirare i controlli.

Le ipotesi sulle caratteristiche del profilo del terrorista sono diverse.

Alcuni esperti hanno affermato che si tratterebbe di una persona di cultura media o elevata, socialmente integrata. Ma diventa inevitabile pensare che l’organizzazione terroristica sia alquanto complessa e richieda diversi tipi di persone da reclutare, proprio come lo spaccio di droga che, per sussistere ed espandersi, deve avere legami complessi e individui di diversa cultura ed età che agiscano secondo regole interne al sistema criminale.

Gli attentati che dal 2001 ad oggi caratterizzano gli Stati Uniti e l’Europa sembrano essere connotati da un’idealizzazione o meglio strumentalizzazione di pensieri derivati da religioni, ma che di fatto non appartengono in senso profondo a nessun credo, in quanto ogni religione ha messaggi di pace. Quale lotta può essere giusta e in nome di un Dio se uccide e crea terrore?

Alcune teorie sostengono che sia fuorviante affermare che i terroristi siano affetti da psicopatologie in quanto alla base vi sarebbe razionalità e coerenza. Tuttavia il fatto che il terrorista sia un suicida può far pensare all’eventuale esistenza di un malessere psichico o comunque all’ipotesi dell’induzione da parte di altre persone a porre fine alla propria vita.

È importante inoltre sottolineare il concetto di terrorismo inteso come qualsiasi forma di violenza o minaccia attuata allo scopo di creare paura, di terrorizzare ed allarmare la collettività col fine ultimo di procurare cambiamenti nell’assetto sociale o politico di una nazione.

Il terrorista combatte in nome di una libertà non certo condivisa con le vittime proprio come in uno stato di guerra in cui vi è la violazione delle leggi e l’effetto è amplificato rispetto ai i tremendi danni fisici delle stesse vittime, in quanto lo scopo ultimo sembra proprio il diffondersi della paura.

Che cosa succede in una persona o in un gruppo che entra in questo stato di terrore? È possibile riscontrare immobilismo e allo stesso tempo violenza come reazione a quella subita, assistita, letta o ascoltata attraverso i canali di comunicazione. Quindi purtroppo si entra un circuito di impotenza dal quale spesso ci si sposta solo con l’esclusione sociale degli stranieri o nel peggiore dei casi con una risposta violenta.

Entrambe le situazioni possono alimentare a loro volta il terrorismo entrando in un circolo vizioso da cui è difficile uscire.

La paura che si sta diffondendo ormai ovunque in occidente certo non si supera evitando situazioni che sembrano pericolose perchè questo amplificherebbe la stessa paura. È importante non farsi trascinare dall’ansia, ma porre sempre attenzione nel qui ed ora proprio per aumentare le strategie difensive.

Queste riflessioni portano inevitabilmente a molti argomenti sottostanti agli eventi di cronaca che oggi giorno leggiamo e di cui è importante discutere.



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